Archivi tag: vignette politiche

A San Valentino ogni scherzo vale

Immagine

Lo sapevate?? L’omofobia è una paura e un’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al sessismo.

Chi lo dice?? Noi 🙂 o meglio i nostri rappresentanti al Parlamento europeo (2006!), mentre in Italia si lavoricchia (2013/2014) ad una legge anti-omofobia/razzismo un po’ a casaccio, perché se no pare brutto, che lascia scontenti un po’ tutti… Vedi quaqua – per i primi commenti – e qua, qua e addirittura qua 😉  – per il dopo-approvazione alla camera).

Nel frattempo l’Europa rilancia (2014, perché chi dorme i pesci li prende solo in faccia :-P), chiedendo “non solo una legge penale contro i crimini d’odio e norme per  il riconoscimento delle coppie omosessuali: la gamma di azioni che l’Europa, attraverso il rapporto Lunacek, ci chiede di mettere in campo in tema di diritti lgbti è vasta  e spazia negli ambiti più diversi, dal lavoro, alla scuola, ai servizi, al diritto d’asilo” (Arcigay).

Per chi voglia capirne di più, ecco il testo ufficiale in italiano del Parlamento Europeo, e qualche delucidazione in più direttamente sul sito di Lunacek.

Sapevatelo!

P.S. questa vignetta è offerta da me (aggratis) e supportata da Peacelink, sotto forma di interessante riflessione, che trovate qui.

Mezze misure

L’AGI riporta una profonda riflessione di Brunetta sui recenti sviluppi dei processi di Berlusconi, secondo cui “il discorso di Berlusconi e’ stato di una compostezza e di una moderazione che documentano una volta di più la sua statura di leader e di statista”

E allora tanto vale riprendere questo vecchio post:

Punti di vista (lupoemigrato)

Giuochiamo alla politica

Scrive Elio Rossi (su Cado in Piedi) della consegna delle firme per sfiduciare Berlusconi consegnate oggi dalla Bindi a Letta e ne dipinge brevemente un quadro tanto triste quanto plausibile… (dai un´occhiata all´articolo)

Vignetta Berlusconi: Il Giuoco (Destra e Sinistra)

Beh, è da un bel po´ che le tiene in mano…

Amici al bar e aerei da guerra

vignetta-berlusconi-obama-al-bar-gaffe

Una delle (im)probabili battute presidenziali per introdurre un tema serio.
Dopo le sbruffonerie del Premier, secondo cui non abbiamo bisogno di aiuti da Bruxelles per i terremotati, e dopo le varie voci che circolano da giorni su facebook  suggerisco questa nuova possibilità promossa da Peacelink, che potrebbe avere un duplice lodevole effetto:

[…] Ma, sentendo le varie cifre di offerte, collette, autotassazioni ecc. come non pensare a un’altra cifra: quella dei 14 miliardi di euro che l’Italia dovrebbe spendere da qui al 2026 per gli aerei da guerra F 35?

Il Parlamento è chiamato a esprimersi proprio in questi giorni. E 14 miliardi di euro sono soldi! E non pochi! Per un aereo da guerra che non serve per combattere il terrorismo e neanche per la difesa dei confini. Perchè allora non ripensarci? Perchè, almeno, non rinviare la decisione? Pagando anche una penale se è il caso, come forse pagheranno gli Stati Uniti che intendono non comprare più l’elicottero presidenziale US101 (Finmeccanica) perchè da 6 miliardi è arrivato a 13 miliardi di dollari e “il costo appariva troppo alto per il contribuente americano”.

[…]

Altre info qui
silvio berlusconi – gaffe – barak obama

Mr. Berns e il nucleare

mr-berns

Berlusconi - Burns: il nucleare in Italia?

Non sono contro la tecnologia.

Non sono contro il progresso.

Non sono contro il benessere.

Per questo sono contro le centrali nucleari.

Non è una presa di posizione contro il demone nucleare.  Sono un sostenitore della ricerca (campo in cui l’Italia non si classifica nemmeno…), purchè venga fatta con criterio.

Tanto tempo fa pensavo che, visto che compriamo l’energia dalla Francia e che tanto un eventuale incidente oltralpe non avrebbe rispetto dei confini politici, non c’era motivo per cui non si dovesse procedere alla “nuclearizzazione” dello Stivale.

Allora non ero però sufficientemente informato per rendermi conto che le fonti di energia alternativa esistono e devono essere cercate altrove, almeno per il momento.

Il Premier, che ama decantare la ricchezza naturale del nostro Paese quando, in sede europea, gli vengono poste domande che riguardano i suoi infiniti processi, dovrebbe perciò smettere di gestire l’Italia come una “Cosa Sua” e, forte del potere conquistato a suon di lavaggi del cervello, potrebbe, magari per provare un’esperienza nuova, concentrarsi su come risollevare le sorti della Nazione e, al contempo, offrire un piccolo sostegno al fragile equilibrio climatico mondiale.

Perchè, nel Paese del Sole, non si investe massicciamente nel fotovoltaico e nel solare termico?

Perchè non si sfruttano maree, fiumi e dighe per aumentare le produzioni idroelettriche?

Perchè non si destinano corposi fondi allo sviluppo di generatori eolici, che pure trovano ampi spazi in cui essere installati in tutta la penisola?

Si legge anche di generatori magnetici, di cui non so molto ma che potrebbero essere un’idea rivoluzionaria.

E i famosi motori ad idrogeno?

Un’Italia che spreca miliardi nella costruzione di centrali nucleari che saranno pronte tra decenni, quando c’è energia estraibile  con impatto ambientale zero ovunque, è un’Italia perdente, un’Italia squallida, un’Italia fallita.

Per fortuna che c’è il calcio e i culi in televisione.

Mi sento già  meglio solo al pensiero…

Aggiungo, in chiusura, il link al sito da cui ho preso il bannerino antinuclearizzazione che campeggia tra i widget laterali:

amici di maria de filippi, grande fratello, calimembro, upskirt, carfagna, nuda, sexy, scuola

Ciascuno a modo suo…

ciascuno-a-modo-suo-def

Non mi sembra il caso di aggiungere nulla, visto che il nostro Presidente del Consiglio e le nostre ministre parlano da sè…

L’Italia non è un paese… è un circo fatto di varia umanità come racconta il grande Tony Tammaro a proposito di un certo tipo di “show”…

I tempi cambiano… o no?

obama-tende-la-mano-cornice

IL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

Concittadini, oggi sono qui di fronte a voi con umiltà di fronte all’incarico, grato per la fiducia che avete accordato, memore dei sacrifici sostenuti dai nostri antenati. Ringrazio il presidente Bush per il suo servizio alla nostra nazione, come anche per la generosità e la cooperazione che ha dimostrato durante questa transizione.

Sono quarantaquattro gli americani che hanno giurato come presidenti. Le parole sono state pronunciate nel corso di maree montanti di prosperità e in acque tranquille di pace. Ancora, il giuramento è stato pronunciato sotto un cielo denso di nuvole e tempeste furiose. In questi momenti, l’America va avanti non semplicemente per il livello o per la visione di coloro che ricoprono l’alto ufficio, ma perché noi, il popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati, e alla verità dei nostri documenti fondanti. Così è stato. Così deve essere con questa generazione di americani.

Che siamo nel mezzo della crisi ora è ben compreso. La nostra nazione è in guerra, contro una rete di vasta portata di violenza e odio. La nostra economia è duramente indebolita, in conseguenza dell’avidità e dell’irresponsabilità di alcuni, ma anche del nostro fallimento collettivo nel compiere scelte dure e preparare la nazione a una nuova era. Case sono andate perdute; posti di lavoro tagliati, attività chiuse. La nostra sanità è troppo costosa, le nostre scuole trascurano troppi; e ogni giorno aggiunge un’ulteriore prova del fatto che i modi in cui usiamo l’energia rafforzano i nostri avversari e minacciano il nostro pianeta.

Questi sono indicatori di crisi, soggetto di dati e di statistiche. Meno misurabile ma non meno profondo è l’inaridire della fiducia nella nostra terra: la fastidiosa paura che il declino dell’America sia inevitabile, e che la prossima generazione debba ridurre le proprie mire. Oggi vi dico che le sfide che affrontiamo sono reali. Sono serie e sono molte. Non saranno vinte facilmente o in un breve lasso di tempo. Ma sappi questo, America: saranno vinte. In questo giorno, ci riuniamo perché abbiamo scelto la speranza sulla paura, l’unità degli scopi sul conflitto e la discordia. In questo giorno, veniamo per proclamare la fine delle futili lagnanze e delle false promesse, delle recriminazioni e dei dogmi logori, che per troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.

Rimaniamo una nazione giovane, ma, nelle parole della Scrittura, il tempo è venuto di mettere da parte le cose infantili. Il tempo è venuto di riaffermare il nostro spirito durevole; di scegliere la nostra storia migliore; di riportare a nuovo quel prezioso regalo, quella nobile idea, passata di generazione in generazione: la promessa mandata del cielo che tutti sono uguali, tutti sono liberi, e tutti meritano una possibilità per conseguire pienamente la loro felicità.

Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, capiamo che la grandezza non va mai data per scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie o di ribassi. Non è stato un sentiero per i deboli di cuore, per chi preferisce l’ozio al lavoro, o cerca solo i piaceri delle ricchezze e della celebrità. E’ stato invece il percorso di chi corre rischi, di chi agisce, di chi fabbrica: alcuni celebrato ma più spesso uomini e donne oscuri nelle loro fatiche, che ci hanno portato in cima a un percorso lungo e faticoso verso la prosperità e la libertà.

Per noi hanno messo in valigia le poche cose che possedevano e hanno traversato gli oceani alla ricerca di una nuova vita.

Per noi hanno faticato nelle fabbriche e hanno colonizzato il West; hanno tollerato il morso della frusta e arato il duroterreno.

Per noi hanno combattuto e sono morti in posti come Concord e Gettysburg, la Normandia e Khe Sahn.

Ancora e ancora questi uomini e queste donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato fino ad avere le mani in sangue, perché noi potessimo avere un futuro migliore. Vedevano l’America come più grande delle somme delle nostre ambizioni individuali, più grande di tutte le differenze di nascita o censo o partigianeria.

Questo è il viaggio che continuiamo oggi. Rimaniamo il paese più prosperoso e più potente della Terra. I nostri operai non sono meno produttivi di quando la crisi è cominciata. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari della settimana scorsa o del mese scorso o dell’anno scorso. Le nostre capacità rimangono intatte. Ma il nostro tempo di stare fermi, di proteggere interessi meschini e rimandare le decisioni sgradevoli, quel tempo di sicuro è passato. A partire da oggi, dobbiamo tirarci su, rimetterci in piedi e ricominciare il lavoro di rifare l’America.

Perché ovunque guardiamo, c’è lavoro da fare. Lo stato dell’economia richiede azioni coraggiose e rapide, e noi agiremo: non solo per creare nuovi lavori ma per gettare le fondamenta della crescita. Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche, le linee digitali per nutrire il nostro commercio e legarci assieme. Ridaremo alla scienza il posto che le spetta di diritto e piegheremo le meraviglie della tecnologia per migliorare le cure sanitarie e abbassarne i costi. Metteremo le briglie al sole e ai venti e alla terra per rifornire le nostre vetture e alimentare le nostre fabbriche. E trasformeremo le nostre scuole e i college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era. Tutto questo possiamo farlo. E tutto questo faremo.

Ci sono alcuni che mettono in dubbio l’ampiezza delle nostre ambizioni, che suggeriscono che il nostro sistema non può tollerare troppi piani grandiosi. Hanno la memoria corta. Perché hanno dimenticato quanto questo paese ha già fatto: quanto uomini e donne libere possono ottenere quando l’immaginazione si unisce a uno scopo comune, la necessità al coraggio.

Quello che i cinici non riescono a capire è che il terreno si è mosso sotto i loro piedi, che i diverbi politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non hanno più corso. La domanda che ci poniamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona: se aiuta le famiglie a trovare lavori con stipendi decenti, cure che possono permettersi, unapensione dignitosa. Quando la risposta è sì, intendiamo andareavanti. Quando la risposta è no, i programmi saranno interrotti. E quelli di noi che gestiscono i dollari pubblici saranno chiamati a renderne conto: a spendere saggiamente, a riformare le cattive abitudini, e fare il loro lavoro alla luce del solo, perché solo allora potremo restaurare la fiducia vitale fra un popolo e il suo governo.

Né la domanda è se il mercato sia una forza per il bene o per il male. Il suo potere di generare ricchezza e aumentare la libertànon conosce paragoni, ma questa crisi ci ha ricordato che senza occhi vigili, il mercato può andare fuori controllo, e che unpaese non può prosperare a lungo se favorisce solo i ricchi. Il successo della nostra economia non dipende solo dalle dimensioni del nostro prodotto interno lordo, ma dall’ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di ampliare le opportunità a ogni cuore volonteroso, non per beneficenza ma perché è la via più sicura verso il bene comune.

Per quel che riguarda la nostra difesa comune, respingiamo come falsa la scelta tra la nostra sicurezza e i nostri ideali. I Padri Fondatori, di fronte a pericoli che facciamo fatica a immaginare, prepararono un Carta che garantisse il rispetto della legge e i diritti dell’uomo, una Carta ampliata con il sangue versato da generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondoe non vi rinunceremo in nome del bisogno. E a tutte le persone e i governi che oggi ci guardano, dalle capitali più grandi al piccolo villaggio in cui nacque mio padre, dico: sappiate che l’America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che cerca un futuro di pace e dignità, e che siamo pronti di nuovo a fare da guida.

Ricordate che le generazioni passate sconfissero il fascismo e il comunismo non solo con i carri armati e i missili, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Capirono che la nostra forza da sola non basta a proteggerci, né ci dà il diritto di fare come ci pare. Al contrario, seppero che il potere cresce quando se ne fa un uso prudente; che la nostra sicurezza promana dal fatto che la nostra causa giusta, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell’umiltà e della moderazione.

Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta da questi principi, possiamo affrontare quelle nuove minacce cherichiedono sforzi ancora maggiori – e ancora maggior cooperazione e comprensione fra le nazioni. Inizieremo a lasciare responsabilmente l’Iraq al suo popolo, e a forgiare una pace pagata a caro prezzo in Afghanistan. Insieme ai vecchi amici e agli ex nemici, lavoreremo senza sosta per diminuire la minaccia nucleare, e allontanare lo spettro di un pianeta surriscaldato. Non chiederemo scusa per la nostra maniera di vivere, né esiteremo a difenderla, e a coloro che cercano di ottenere i loro scopi attraverso il terrore e il massacro di persone innocenti, diciamo che il nostro spirito è più forte e non potrà essere spezzato. Non riuscirete a sopravviverci, e vi sconfiggeremo.

Perché sappiamo che il nostro multiforme retaggio è una forza, non una debolezza: siamo un Paese di cristiani, musulmani, ebrei e indù – e di non credenti; scolpiti da ogni lingua e cultura, provenienti da ogni angolo della terra. E dal momento che abbiamo provato l’amaro calice della guerra civile e della segregazione razziale, per emergerne più forti e più uniti, non possiamo che credere che odii di lunga data un giorno scompariranno; che i confini delle tribù un giorno si dissolveranno; che mentre il mondo si va facendo più piccolo, la nostra comune umanità dovrà venire alla luce; e che l’America dovrà svolgere un suo ruolo nell’accogliere una nuova era di pace.

Al mondo islamico diciamo di voler cercare una nuova via di progresso, basato sull’interesse comune e sul reciproco rispetto. A quei dirigenti nel mondo che cercano di seminare la discordia, o di scaricare sull’Occidente la colpa dei mali delle loro società, diciamo: sappiate che il vostro popolo vi giudicherà in base a ciò che siete in grado di costruire, non di distruggere. A coloro che si aggrappano al potere grazie alla corruzione, all’inganno, alla repressione del dissenso, diciamo: sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che siamo disposti a tendere la mano se sarete disposti a sciogliere il pugno.

Ai popoli dei Paesi poveri, diciamo di volerci impegnare insieme a voi per far rendere le vostre fattorie e far scorrere acque pulita; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quei Paesi che come noi hanno la fortuna di godere di una relativa abbondanza, diciamo che non possiamo più permetterci di essere indifferenti verso la sofferenza fuori dai nostri confini; né possiamo consumare le risorse del pianeta senza pensare alle conseguenze. Perché il mondo è cambiato, e noi dobbiamo cambiare insieme al mondo.

Volgendo lo sguardo alla strada che si snoda davanti a noi, ricordiamo con umile gratitudine quei coraggiosi americani che in questo stesso momento pattugliano deserti e montagne lontane. Oggi hanno qualcosa da dirci, così come il sussurro che ci arriva lungo gli anni dagli eroi caduti che riposano ad Arlington: rendiamo loro onore non solo perché sono custodi della nostra libertà, ma perché rappresentano lo spirito di servizio, la volontà di trovare un significato in qualcosa che li trascende. Eppure in questo momento – un momento che segnerà una generazione – è precisamente questo spirito che deve animarci tutti.

Perché, per quanto il governo debba e possa fare, in definitiva sono la fede e la determinazione del popolo americano su cui questo Paese si appoggia. E’ la bontà di chi accoglie uno straniero quando le dighe si spezzano, l’altruismo degli operai che preferiscono lavorare meno che vedere un amico perdere il lavoro, a guidarci nelle nostre ore più scure. E’ il coraggio del pompiere che affronta una scala piena di fumo, ma anche la prontezza di un genitore a curare un bambino, che in ultima analisi decidono il nostro destino.

Le nostre sfide possono essere nuove, gli strumenti con cui le affrontiamo possono essere nuovi, ma i valori da cui dipende il nostro successo – il lavoro duro e l’onestà, il coraggio e il fair play, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo – queste cose sono antiche. Queste cose sono vere. Sono state la quieta forza del progresso in tutta la nostra storia. Quello che serve è un ritorno a queste verità. Quello che ci è richiesto adesso è una nuova era di responsabilità – un riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo doveri verso noi stessi, verso la nazione e il mondo, doveri che non accettiamo a malincuore ma piuttosto afferriamo con gioia, saldi nella nozione che non c’è nulla di più soddisfacente per lo spirito, di più caratteristico della nostra anima, che dare tutto a un compito difficile.

Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza.

Questa è la fonte della nostra fiducia: la nozione che Dio ci chiama a forgiarci un destino incerto. Questo il significato della nostra libertà e del nostro credo: il motivo per cui uomini e donne e bambine di ogni razza e ogni fede possono unirsi in celebrazione attraverso questo splendido viale, e per cui un uomo il cui padre sessant’anni fa avrebbe potuto non essere servito al ristorante oggi può starvi davanti a pronunciare un giuramento sacro.

E allora segnamo questo giorno col ricordo di chi siamo e quanta strada abbiamo fatto. Nell’anno della nascita dell’America, nel più freddo dei mesi, un drappello di patrioti si affollava vicino a fuochi morenti sulle rive di un fiume gelato. La capitale era abbandonata. Il nemico avanzava, la neve era macchiata di sangue. E nel momento in cui la nostra rivoluzione più era in dubbio, il padre della nostra nazione ordinò che queste parole fossero lette al popolo: “Che si dica al mondo futuro… Che nel profondo dell’inverno, quando nulla tranne la speranza e il coraggio potevano sopravvivere… Che la città e il paese, allarmati di fronte a un comune pericolo, vennero avanti a incontrarlo”.

America. Di fronte ai nostri comuni pericoli, in questo inverno delle nostre fatiche, ricordiamoci queste parole senza tempo. Con speranza e coraggio, affrontiamo una volta ancora le correnti gelide, e sopportiamo le tempeste che verranno. Che i figli dei nostri figli possano dire che quando fummo messi alla prova non ci tirammo indietro né inciampammo; e con gli occhi fissi sull’orizzonte e la grazia di Dio con noi, portammo avanti quel grande dono della libertà, e lo consegnammo intatto alle generazioni future.

Barack Obama

La “tassa sui negri”

Vignetta Maroni, Immigrati a pagamento

Le recenti battaglie (riassunte dall’articolo del Corriere riportato in chiusura del post) della Lega Nord (e in particolare di Maroni) al fine di ottenere che gli immigrati che vogliano rinnovare il permesso di soggiorno debbano pagare una specie di “multa” per il loro non essere italiani, mi hanno fatto ricordare delle proposte avanzate dal ministro la scorsa estate per debellare il fenomeno della prostituzione (quartieri a luci rosse, espulsioni, multe salatissime per chi esercitava).

Da ciò è nata l’ispirazione per questa vignetta, che cerca di illustrare i paradossi italiani nella loro disarmante semplicità…

Tratto da: corriere.it

Permesso di soggiorno, resta il contributo

Non sarà una «tassa» ma un contibuto da definire tra 10 e 400 euro, come in molti Paesi Ue

ROMA – Da 10 a 400 euro: non sarà una tassa di soggiorno, ma un contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno. Lo indicano fonti del Viminale, confermate da ambienti della presidenza del Consiglio sul tema dell’emendamento leghista al ddl sicurezza che indicata in 50 euro la tassa che gli immigrati avrebbero dovuto pagare per il rilascio del permesso di soggiorno. Il chiarimento è avvenuto martedì sera nel corso di un «cordiale colloquio telefonico» tra Silvio Berlusconi e il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Da quanto si è saputo, è stato chiarito che il contributo sarà cosa diversa rispetto alla cosiddetta tassa di soggiorno. Si tratterà di un contributo, come quello già previsto nella maggior parte dei Paesi europei per il rilascio dei permessi di soggiorno, di importo variabile tra 10 e 400 euro

PRINCIPIO CONFERMATO – In mattinata Maroni, al termine di un incontro con il ministro della Giustizia Angelino Alfano sugli emendamenti al ddl sicurezza, aveva detto che il principio era stato confermato. «L’emendamento c’è – ha spiegato Maroni -, solo che al posto dei 200 euro per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno si prevede un contributo da definire con decreto». Il principio, ha aggiunto, «viene affermato così come previsto e votato». Nel ddl, ha proseguito il ministro, «resta il reato di immigrazione clandestina punito con un’ammenda e con la sanzione accessoria dell’espulsione decisa dal giudice di pace che si somma all’eventuale espulsione ordinata dal questore. È una possibilità in più di espellere un clandestino».

Soldati contro la camorra

…rispondendo a Mentana che gli faceva presente che è «terreno del ministro La Russa», Maroni ha risposto: «No, no. È terreno mio. L’ordine pubblico e la lotta alla criminalità sono terreni del ministro dell’Interno, che utilizza Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e anche militari. E infatti l’invio dei militari sarà coordinato dalle prefetture e cioè dal Viminale».

L’articolo qui

Il maltempo sferza l’Italia

Il Paese versa in cattive condizioni in questi ultimi giorni estivi…

PS: nel disegno c’è un’incongruenza “fisica”, purtroppo necessaria per rendere meglio il senso della vignetta.

Chi indovina di cosa si tratta?